"La loro "scheda tecnica" li dice (il maschile è un lapsus trattandosi di sculture ma forse ho pensato alla loro geometria di parellelepipedi, alla loro apparenza di reperti) elaborati in cemento leggero, un materiale per l'edilizia poco diffuso e per niente applicato in campo artistico. Una puntualizzazione che può apparire superflua tanto siamo abituati a terminologie "vaghe" come tecnica mista, polimaterico, pitto-scultura, etc.
Ritengo invece si debba rivalutare il dato tecnico nel fatto artistico, per il suo imprescindibile connubio con l'espressione, un apporto inconfutabile quando non si tratti di serialità per la quale lo stesso progetto è traducibile in materiali diversi. Tanto più è importante in questa fine di secolo dove "tutto è possibile" per l'opera d'arte ma non sempre è motivato e dove dietro le simulazioni materiche c'è spesso l'impreparazione ad una tecnica più specifica.
L'opera di Bernarda Visentini offre lo spunto per tali considerazioni, sebbene non offra certo il fianco: l'impiego di una materia ambigua (cemento in luogo della pietra) è una scelta meditata e cosciente e perciò resa esplicita, anzi dichiarata quasi con una punta di orgoglio.
Efficace per la migliore economia dell'espressione, questo materiale nuovo per un racconto antico diviene nella ricerca della Visentini "tessuto" scultoreo per volumi di una politezza razionale ed austera e al contempo cromatico per quei "movimenti" misurati ed essenziali (dovuti a terre naturali) che sottolineano la lettura delle superfici graffite.
Formalmente ineccepibili, questi lavori colti proiettano nel futuro le più arcaiche tracce della comunicazione umana senza incorrere nel produrre copie; dietro il rigore con cui attingono alla storia c'è la provocazione di una materia "replicante", c'è la suscitazione di un gioco di riflessioni tra vero e falso e la consapevolezza di testimoniare il tempo."
dott.ssa Fiorini Roberta - critica d'arte - Eco d'Arte Moderna - Firenze